Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Settembre 2007 - Volume X - numero 7
M&B Pagine Elettroniche
Casi indimenticabili
Una
bambina in cattedra
Pediatra
di famiglia, Caltagirone (CT)
Ho
conosciuto e seguito M.F. in qualita' di Pediatra di base. Era
l'unica figlia di genitori sani non consanguinei. L'anamnesi
familiare è negativa per patologia metabolica. La bambina
è nata a termine di gravidanza con parto eutocico con il
peso di kg 3,600; era lunga cm. 50 e la circonferenza cranica era
di cm 32. La gravidanza era stata caratterizzata da minaccia di
aborto nel primo trimestre. Alla prima visita presso il mio
ambulatorio, M. F. non presentava particolari dismorfie tranne
mani e piedi piccoli. Ho preso conoscenza di un soffio cardiaco,
riscontrato dopo i primi giorni di vita e degli accertamenti
cardiologici eseguiti che avevano permesso di evidenziare un DIV
e un dotto di Botallo pervio. A 7 mesi ho disposto un ulteriore
controllo cardiologico presso l'U.O. di Cardiologia Pediatrica
dell'Ospedale Ferrarotto di Catania dove è stata
diagnosticata una stenosi valvolare dell'arteria polmonare
emodinamicamente significativa con un elevato gradiente pressono
tra ventricolo destro ed arteria polmonare; non si riscontrava
più il DIV e il dotto di Botallo pervio.
Ho
spiegato il caso ai genitori e, insieme a loro, all'età
di 20 mesi, abbiamo deciso di sottoporre la piccola a intervento
di valvuloplastica polmonare percutanea presso il Centro Cuore
Morgagni di Pedara. La procedura ha permesso la riduzione del
gradiente pressorio, un risultato parziale per la peculiare
displasia della valvola polmonare e per la complessiva ipoplasia
del tronco dell'arteria polmonare e dei suoi rami. Con il
passare dei mesi, in occasione delle visite ambulatoriali
successive, si rendeva più evidente un fenotipo clinico
caratterizzato da una facies grossolana, ipotelorismo, lieve
ptosi palpebrale bilaterale, orecchie piccole a basso impianto,
naso a sella, palato ogivale, voce roca, mani tozze, larghe,
brachidattilia, clinodattilia del 2° e 5° dito
bilateralmente, lieve rizomielia, cheratosi palmo-plantar, fegato
debordante dall'arcata costale, milza all'arco. A 24 mesi,
ho, pertanto, deciso di inviare la piccola presso la Clinica
Pediatrica di Catania dove per il fenotipo, la scarsa crescita e
la cardiopatia è stata sospettata una malattia d'accumulo
e quindi sono stati eseguiti diversi esami, su sangue ed urine,
nel sospetto di una mucopolisaccaridosi o mucolipidosi. Alla luce
della negatività degli esami eseguiti, nel tentativo di
raggiungere una diagnosi, ho inviato M. F. presso un ospedale del
nord Italia dove è stata fatta diagnosi di DISPLASIA
GELEOFISICA.
Il
cateterismo cardiaco, eseguito durante il ricovero, evidenziava
una cardiomiopatia restrittiva biventricolare; la biopsia
miocardica evidenziava un incremento del connettivo
interstiziale. Per episodi di insufficienza cardio-respiratoria
più o meno grave, fino all'edema polmonare acuto, e per
infezioni polmonari ricorrenti ho dovuto richiedere per M. F.
numerosi ricoveri nel Reparto di Pediatria. Dal 2004 ha
incominciato a presentare oltre la costante scarsa crescita.
crisi di assenza di breve durata che si risolvevano
spontaneamente e che sono aumentate di frequenza con il passare
del tempo (verosimili crisi dovute all'ipossiemia ed
all'ipercapnia). A 5 anni e mezzo la piccola è diventata
non vedente; in precedenza era stata evidenziata una papilla da
stasi, mentre la RMN encefalo era risultata normale. L' ho
seguita, praticamente, a domicilio dove praticava O2 terapia in
permanenza, corticosteroidi e diuretici IM. Lo sviluppo
intellettivo di M. F. è sempre
stato
corrispondente all'età cronologica. A febbraio 2006, a
6,5 anni, ho richiesto il ricovero in Pediatria per grave
insufficienza respiratoria. Pesava kg 14,330 (<3°P), la
lunghezza era di cm 96 (<3°P), la circonferenza cranica
era di cm 53. Le condizioni generali erano compromesse, l'emogas
analisi evidenziava una acidosi respiratoria: Nonostante la
dispnea la piccola presentava una buona partepicazione
all'ambiente. Con il passare dei giorni le condizioni generali
sono peggiorate fino all'exitus, avvenuto in modo sereno tra le
braccia della madre.
Aspetto
didattico: Il termine Displasia Geleofisica deriva dal fatto che
i bambini affetti hanno una facies che suggerisce una natura
allegra (dal greco gelios=allegro e physis=natura). La malattia è
una mucopolisaccaridosi focale. Si accompagna a disostosi
multiple prevalentemente alle mani e ai piedi, che sono peraltro
piccoli alla nascita, e ad accumulo focale di mucopolisaccaridi
acidi nel fegato e nel sistema cardiovascolare.
In
particolare, a livello cardiovascolare oltre ad alterazioni delle
valvole aortica e/o polmonare si riscontra una cardiopatia
restrittiva con incremento del connettivo interstiziale e
sviluppo di una insufficienza cardiaca talora precoce dopo la
nascita dopo una fase di ipertrofla ventricolare.
La
displasia geleofisica viene ereditata con modalità
autosomica recessiva ed è caratterizzata da accumulo
lisosomiale in vari tessuti. Il difetto enzimatico in atto non è
ancora noto. Esperienza umana: mi ha sempre colpito, nonostante
il progressivo peggioramento della malattia, la sua voglia di
vivere e di relazione con l'ambiente con una costante richiesta
di spiegazioni, giochi, visite di coetanei e la sua inesauribile
fantasia, particolarmente dopo la cecità, nella creazione
di oggetti e di disegni eseguiti con l'ausilio dell'Insegnante
domiciliare e dei famigliari. Per uno di questi disegni, con
allegata piccola poesia da lei elaborata, è stata la Ia
classificata all'VIII edizione del concorso GEF, riservato ai
bambini ricoverati in Ospedale. Il premio, insieme alla Medaglia
di bronzo del Senato della Repubblica Italiana e alla Coppa del
Presidente della Camera dei Deputati, sono stati consegnati ai
genitori a Sanremo il 2-7 Maggio 2006, dopo la morte della
piccola.
Vi
era l'evidenza che la malattia in lei non era di vero ostacolo
nel godere di quanto le era possibile vivere e desiderare per la
sua età. Vi era l'evidenza che ad avere uno scandaloso
stupore di tale inconsueta ed ingravescente malattia eravamo
piuttosto noi che la seguivamo. In lei la forza della vita era
sempre prevalente. La malattia, quella certo che c'era ma, in
qualche modo, in lei era sempre secondaria. Questo modo di essere
e di vivere della piccola ha cambiato, gradualmente,
l'atteggiamento dei genitori che da una iniziale disperazione
sono passati a un accompagnamento sempre piu' sereno della
figlia nelle diverse fasi della malattia. Ha contribuito a
modificare anche il mio atteggiamento.
Non
mi pesava in modo assoluto seguirla praticamente a domicilio.
Dopo
averla visitato ed essermi soffermata a parlare con lei sono
ritornata a casa, tante volte, come chi aveva ricevuto e non dato
qualcosa. Ho anche, dopo sua richiesta, portato i miei figli ad
incontrare M.F. ed è stata una esperienza importante per
loro. La stessa esperienza è condivisa ed è stata
espressa dai Colleghi Pediatri dell'Ospedale che l'hanno
avuta ricoverata tante volte. M.F. sapeva vivere e gustare la
vita, senza preoccupazione del dopo e del che cos'altro. Mi ha
sempre colpito la sua pacifica accettazione della impegnativa
terapia domiciliare (O2 terapia in permanenza, diuretici IM ecc).
Sebbene “costretta” a casa o in Ospedale è stata una
“cittadina illustre”. La sua vicenda è un caso
emblematico. Un caso di vera solidarietà da parte dei
vicini e dei parenti verso i suoi genitori di umili condizioni
sociali e culturali. Il Sindaco della città, venutone a
conoscenza, l'ha visitata a casa, prodigandosi a far ottenere
alla famiglia tutti gli aiuti in suo possesso.
È
stata seguita a casa anche dal Vescovo, informato del caso dalla
catechista che la preparava a domicilio stupita della
insospettata maturità, serenità e forza che
traspariva della piccola. Al funerale, presenti il Sindaco, il
Primario della Pediatria e una gran folla di persone, il Vescovo
ha esordito: M.F., “una bambina in cattedra”. Ha saputo
vivere insegnandoci che la bontà di una vita non dipende
dalla longevità e dalla salute ma piuttosto dalla sapienza
e dal modo in cui viene vissuta. Ho conosciuto personalmente M.F.
e posso testimoniare che aveva ricevuto la grazia di un modo
sapiente di vivere la vita…
L'atteggiamento
sereno dei genitori dopo la morte della bimba, che tutt'ora
continuo ad incontrare, e il caro ricordo che di lei hanno coloro
che l'hanno conosciuta mi hanno lasciato la convinzione che il
vero male non è la malattia ma la mancanza di sapienza
della vita.
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