Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Giugno 2002 - Volume V - numero 6
M&B Pagine Elettroniche
Editoriali sui contributi originali
Autismo
e intestino: anche celiachia?
Clinica
Pediatrica, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste
Commento
di T Not alla ricerca "Sindromi
autistiche e patologia gastrointestinale", di G Gambino
vedi
anche replica
degli Autori
L'autismo
è un disordine invalidante a patogenesi largamente incompresa,
in cui sembrano giocare un ruolo sia trattamenti genetici che fattori
ambientali. Su questo aspetto si è concentrata una gran parte
della ricerca con lo scopo di identificare i meccanismi patogenetici
all'origine della malattia e gli elementi ambientali su cui è
possibile intervenire per la prevenzione o cura dell'autismo. Molti
ricercatori hanno studiato i possibili rapporti tra autismo e
intestino e, anche al di fuori di concrete evidenze, una gra parte
dei soggetti con autismo, specialmente nei Paesi anglosassoni, vieni
mantenuta a dieta senza latte e spesso anche senza glutine.
Tra i
numerosi Autori che si sono interessati dell'argomento ricordiamo la
ricerca di D'Eufemia e Coll. (Acta Paediatr 1996;85:1076-9)
che mostrò un aumento della permeabilità intestinale in
quasi la metà dei bambini con autismo. Una successiva ricerca
di Horvat e Coll. eseguita su 36 bambini con autismo (J Pediatr
1999;135:559-63) mise in evidenza la presenza di un infiltrato
infiammatorio duodenale o di altre alterazioni del tratto
gastrointestinale nella maggior parte dei casi. Nessuno di questi
soggetti, però, ricevette una diagnosi di malattia celiaca,
nonostante in due casi ci fossero alterazioni del rapporto tra villi
e cripte (grado II di Marsh). Il dato di elevata frequenza della
diagnosi di celiachia nella popolazione studiata da Gambino appare
perciò l'elemento di maggiore novità del lavoro. La
frequenza rilevata dagli Autori, di 12/55 (22%!!!), risulta
estremamente più elevata di quella che ci si potrebbe
aspettare. Né la ricerca di Horvat, né quella italiana
di Bottaro e Coll.(11 soggetti studiati; Biol Psychiatr 1997
Jul 1;42:72-5) avevano evidenziato un legame tra celiachia ed
autismo, nonostante in passato fosse stato ipotizzato un legame tra
l'assorbimento di peptidi di gliadina ad attività
oppioido-simile e patologia neurologica glutine-indotta.
Questa
differenza nella frequenza della celiachia non è di facile
lettura, anche se può trovare spiegazione in parte nella
selezione dei casi (esclusione di tutti i casi secondari) e, forse,
in una minore esposizione del campione a empiriche diete senza
glutine, che potrebbero diminuire la sensibilità di
identificazione dei soggetti celiaci.
Nell'articolo
non si rileva se la dieta senza glutine avviata nei soggetti con
diagnosi di celiachia abbia portato a qualche miglioramento. In ogni
caso, dato che l'identificazione della malattia celiaca è un
intervento semplice e potenzialmente vantaggioso anche sul piano
neuropsichiatrico, la conclusione del contributo di Gambino non può
essere che quella di raccomandare lo screening della celiachia nei
soggetti con autismo criptogenetico.
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