Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Settembre 2002 - Volume V - numero 7
M&B Pagine Elettroniche
Contributi Originali - Ricerca
Polmoniti
di comunità antibiotico resistenti : un problema emergente ?
U.O. di
Pediatria dell'ospedale M. Bufalini di Cesena
Parole
chiave: Polmoniti, antibiotico resistenza
Antibiotic
resistant community acquired pneumonia : a real issue ?
Summary
Community
acquired pneumonia in paediatric patients are common. Often the
responsible infective agent cannot be identified and etiologic
diagnosis may only be done on clinical grounds. The most common
pathogen involved is Streptococcus pneumoniae. The increase of S.
pneumoniae beta-lactam antibiotic resistance has been documented in
the last years with variable geographical distribution. Beta-lactam
antibiotic resistance can be overcome by an increase in antibiotic
dose. We describe five paediatric patients, observed in the last two
years, with community acquired pneumonia that did not respond or
partially responded to beta-lactam antibiotic therapy administered at
conventional dosage. Change of antibiotic or an increase of dosage
lead to complete remission in every patient.
Le
polmoniti contratte in comunità sono frequenti in età
pediatrica. L'eziologia più comune è rappresentata dai
seguenti agenti: Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae ed
il Virus respiratorio sinciziale. Il più delle volte l'agente
eziologico non può essere isolato e la diagnosi riposa su
criteri presuntivi. Le polmoniti da pneumococco interessano tutte le
età anche se sono più frequenti prima dei sei anni e
sono caratterizzate da insorgenza acuta, febbre elevata (>38,5°C),
inizialmente poca tosse, compromissione dello stato generale, reperto
obiettivo toracico di ottusità e silenzio respiratorio e
quadro radiologico di addensamento strutturato ad un segmento o lobo
polmonare. Le polmoniti da micoplasma colpiscono prevalentemente i
bambini sopra i 6 anni, sono caratterizzate da insorgenza subdola,
molta tosse, febbre non elevata, reperto toracico obiettivo diffuso,
scarso impegno degli indici sierici della flogosi e quadro
radiologico disomogeneo. Negli ultimi anni è stata segnalata,
con diversa frequenza geografica, l'insorgenza di resistenza dello
pneumococco agli antibiotici beta-lattamici e macrolidi (1). La
resistenza alle penicilline può comunque essere superata da un
aumento della dose di antibiotico specie nelle situazioni in cui il
microbo è mal raggiungibile dal torrente circolatorio. Negli
ultimi due anni abbiamo osservato cinque casi di polmonite di
comunità verosimilmente pneumococcica che hanno dimostrato di
non rispondere o rispondere parzialmente ai betalattamici.
CASO
1
Lattante
di otto mesi che giunge alla nostra attenzione per la presenza di
febbre elevata (40°C) e difficoltà respiratoria (FR
70/min). Dieci giorni prima, per la comparsa di febbre (max 38,5 °C)
e otite media acuta (OMA) destra, aveva iniziato un trattamento
antibiotico con cefaclor alla dose di 50 mg/kg/die. Il lattante si
era sfebbrato dopo 36 ore ed il trattamento antibiotico era stato
proseguito fino a 24 ore prima del ricovero. L'obiettività
all'ingresso evidenzia ottusità, silenzio respiratorio e un
soffio bronchiale all'emitorace di destra. Gli esami di laboratorio
mostrano un aumento degli indici di flogosi (PCR 3,9 mg/dl; VES 52
mm/1xh) con leucocitosi neutrofila (GB 36.4000/mmc; Neutrofili 60%).
La radiografia del torace mostra un focolaio circoscritto al lobo
medio di destra. Iniziamo trattamento con amoxicillina ad alte dosi
(80 mg/kg/die) che porta a sfebbramento stabile in 24 ore.
CASO
2
Bambino
di 13 mesi con OMA diagnosticata dal proprio pediatra già in
trattamento con cefaclor 50 mg/kg/die. Per la persistenza di febbre
(39°C) dopo 24 ore di trattamento antibiotico il bambino viene
ricoverato. Gli indici di flogosi all'ingresso risultano elevati con
PCR 8 mg/dl, VES 49 mm/1xh e GB 12.7000/mmc con il 60% di neutrofili.
Si mantiene il trattamento in atto ma il bambino non si sfebbra. Dopo
altre 36 ore gli indici di flogosi risultano in ulteriore incremento
(PCR 15 mg/dl; VES 91 mm/1xh; GB 15.400/mmc con 69% di neutrofili).
La radiografia del torace mostra una polmonite segmentale del lobo
superiore di destra. Il bambino viene posto in trattamento con
ceftriaxone 90 mg/die ev che determina un rapido miglioramento delle
condizioni cliniche (Grafico 2).
CASO
3
Bambino
di 12 anni viene ricoverato dopo 3 giorni di febbre elevata. La
radiografia del torace mostra una polmonite con versamento. Gli
indici di flogosi sono molto aumentati PCR 33 mg/dl. Il bambino viene
posto in trattamento con ceftriaxone alla dose di 40 mg/kg/die ev. Vi
è un rapido sfebbramento ma dopo quattro giorni di benessere
ricompare febbre elevata (38,5 °C). Al settimo giorno di
trattamento il bambino è ancora febbrile, la radiografia del
torace mostra un peggioramento, gli indici di infiammazione sono
ancora alterati (PCR 15,1 mg/dl). Dal liquido pleurico aspirato sotto
guida ecografia che risulta essere di tipo infiammatorio e non
purulento non cresce alcun microrganismo. Si decide quindi di
sospendere il ceftriaxone e di sostituirlo con ceftazidime 90
mg/kg/die e tobramicina 6 mg/kg/die. Nell'arco di 36 ore il bambino
si sfebbra con concomitante riduzione degli indici di infiammazione.
CASO
4
Bambina
di 6 anni che viene ricoverata per il riscontro di una polmonite al
lobo inferiore del polmone sinistro con consensuale versamento
pleurico. Trattata con ceftriaxone 75 mg/kg/die la bambina si sfebbra
in 48. Dopo 5 giorni di trattamento gli indici di flogosi si
normalizzano (PCR da 16 mg/dl a 0,5 mg/dl) e la bambina viene inviata
a casa con cefaclor 50 mg/kg/die. A quattro giorni dalla dimissione,
mentre è ancora in trattamento con cefaclor, per la ricomparsa
della febbre (38,5 °C) la bambina si ripresenta in ospedale. Gli
indici di flogosi si sono nuovamente elevati (PCR 5,3 mg/dl) e la
radiografia del torace mostra una estensione dell'addensamento
(figura 3). Iniziamo un trattamento con amoxicillina 100 mg/kg/die
che porta ad un rapido sfebbramento ed alla stabile normalizzazione
degli indici di flogosi.
CASO
5
Bambino
di 12 anni che per la comparsa di febbre elevata, tosse e reperto
auscultatorio di soffio bronchiale al torace sinistro viene posta in
trattamento antibiotico con Amoxicillina 50 mg/kg/die dal pediatra di
base. Dopo 8 giorni di sfebbramento ed a 4 giorni dalla sospensione
dell'antibiotico ricompare la febbre con tosse. La radiografia del
torace mostra un focolaio alla base polmonare di sinistra. La
somministrazione di amoxicillina alla dose di 100 mg/kg/die
(proseguita per 7 giorni) porta alla rapida e permanente soluzione
del quadro.
L'eziologia
delle polmoniti acquisite in comunità è per metà
batterica e per metà virale o mista (1).
L'agente
eziologico batterico in causa è raramente identificabile nella
pratica clinica, ma può essere fortemente sospettato in base
al contesto clinico ed al reperto radiografico. Nella maggior parte
delle polmoniti batteriche gravi l'agente responsabile è loStreptococcus pneumonie (2).
Le
polmoniti severe da emofilo causate dalle forme capsulate
(Haemophilus influentiae tipo b) dopo l'avvento generalizzato
della vaccinazione sono praticamente scomparse (3).
Lo
Stafilococco interessa una esigua minoranza dei casi e comunque
interessa quasi esclusivamente le prime età della vita ed è
facilmente sospettabile in base alle caratteristiche del reperto
radiografico per la presenza di pneumatoceli (4).
La
resistenza dello pneumococco a numerosi antibiotici è stata
studiata recentemente anche in Italia (5).
La
percentuale di resistenza alla penicillina ed alle cefalosporine si
attesta sul 10% e non sembrerebbe rappresentare un problema clinico
rilevante. Il meccanismo di resistenza è dovuto ad una
modificazione genetica delle Penicillin Binding Proteins a cui i
farmaci hanno maggiore difficoltà a legarsi per poi inibire la
sintesi della parete batterica (6).
Questo
tipo di resistenza determina un aumento della MIC (minimal inhibitory
concentration) ed è in genere superabile con un aumento della
dose di farmaco somministrato specie in quelle situazioni in cui il
microbo è difficilmente raggiungibile dal torrente
circolatorio. La resistenza ai macrolidi rappresenta invece un reale
problema clinico (7). In Italia infatti si attesta sul 40% e
rappresenta una delle percentuali più elevate in Europa.
Questa è dovuta principalmente ad un meccanismo enzimatico
(metilasi ribosomiale) che non può essere vinto da un aumento
del dosaggio antibiotico (8).
E'
difficile definire con sicurezza l'eziologia pneumococcica delle
polmoniti osservate nei nostri casi, ma la tipicità del quadro
radiologico (9), l'elevazione degli indici di flogosi e la negatività
del titolo anticorpale per micoplasma e del test di Krugman in tutti
i nostri casi, suggerisce fortemente questa eziologia.
Tutti i
casi sono stati vaccinati per l'emofilus tipo b ed in nessun caso il
reperto radiologico suggeriva una polmonite del stafilococco. Nei
primi due casi si può ritenere che l'otite, presuntivamente
sostenuta dal pneumococco, abbia risposto parzialmente nel primo caso
e non risposto nel secondo alle dosi convenzionali di cefalosporina.
Il microrganismo che ha determinato la polmonite, e che
verosimilmente è stato lo stesso che ha causato l'otite, ha
risposto prontamente all'amoxicillina o a una cefalosporina di terza
generazione per via endovenosa a dosi elevate. Nel terzo caso la
polmonite è primitiva, risponde parzialmente a basse dosi di
ceftriaxone per poi ricadere. In questo caso la gravità delle
condizioni ha giustificato un trattamento con più antibiotici
e quindi non possiamo essere certi che si sia trattato effettivamente
di un pneumococco resistente ai betalattamici. Inoltre in questo caso
non possiamo essere certi che la mancata risposta all'antibiotico non
sia legata alla coesistenza di un versamento ancorché sterile.
Il quarto caso dimostra in modo chiaro una risposta parziale della
polmonite lobare al ceftriaxone prima ed al cefaclor poi. La
polmonite ricade e guarisce in amoxicillina ad alte dosi. Il quinto
caso mostra una ricaduta della polmonite secondaria all'uso di dosi
convenzionali di amoxicillina seguita da una risposta efficace ad
alte dosi dello stesso antibiotico. I casi descritti, più che
affermare che ci troviamo di fronte ad un fenomeno emergente di
pneumococco resistente, indicano che le nostre abitudini devono
cambiare e cioè di fronte alla presentazione di una infezione
anche solo presuntivamente pneumococcica (sia essa una otite che una
polmonite) deve essere somministrato un betalattamico in prima
battuta. Questo deve essere somministrato a dosi maggiori delle
convenzionali è cioè ad un dosaggio almeno di 70 mg /
Kg /die (10). Il trattamento deve essere mantenuto a queste dosi fino
a guarigione ottenuta poiché il rischio di ricaduta non è
trascurabile. Il trattamento con un macrolide in prima battuta deve
essere attentamente ponderato poiché la quasi metà
delle polmoniti da pneumococco sono resistenti a questi antibiotici.
Il macrolide deve quindi essere riservato solo a quelle condizioni in
cui l'eziologia da micoplasma è fortemente sospettabile ossia
in bambini sopra i 6 anni con poca febbre, molta tosse, reperto
toracico obiettivo diffuso, scarsa elevazione degli indici di flogosi
e quadro radiologico disomogeneo.
BIBLIOGRAFIA
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